Grande come l’universo

ottobre 6, 2016 in Puntate e recensioni

puntata del 6 ottobre 2016

un libro di Jón Kalman Stefánsson,

Ari si è perso, vivendo una vita non sua; ma sarebbe meglio dire: Ari ha perso le tracce di una vita sua solo per metà ed è tornato in Islanda dal padre morente per tentare una comunicazione verbale mai avvenuta. A fare da contorno a questa due giorni intensa di ricordi e tuffi nel passato, l’immensa terra d’Islanda, fatta di lava nera, del mare che la circonda e del vento impetuoso che più che spazzarne il suolo la spiazza tutta.

“Il cielo può essere un tappeto di stelle, al nord, nel fiordo che si apre sull’Húnaflói, molto a nord del mondo, e dispiegare una tale quantità di astri durante le notti invernali senza vento che quasi non sembra ci sia spazio per il buio tra l’uno e l’altro – eppure è quel buio che li dispone.”

Ari forse si è perso in una notte lontana, quando da piccolo era fuggito a piedi scalzi correndo lungo una strada di brughiera per raggiungere il capezzale della madre, all’ospedale di Reykjavík. Piccolo Ari, nemmeno sei anni, ma nelle vene l’amore per la letteratura che l’avrebbe portato lontano. Lo stesso amore della madre, della nonna paterna e delle zie, un’aspirazione condivisa e mai fino in fondo vissuta.

Dura è la vita d’Islanda, concentrata a guadagnarsi e poi a tenersi stretta un’indipendenza che sembra dover passare solo dal pesce. Tante cose sono mutate negli anni, da quando Ari andava alla fabbrica a tagliare il pescato con la misteriosa voce narrante; tanti ancora di più da quando Oddur picchiò sulla guancia il merluzzo tirato a bordo dal figlio, poeta in erba al quale il mare avrebbe presto chiesto la vita. A modo loro, tutti i personaggi di questa storia fatta di storie, di vite intrecciate tra loro, sono rimasti intrappolati nel ghiaccio di qualcosa di non fatto, di qualcosa di non detto. Tutti, lasceranno o hanno lasciato questo mondo senza avere portato a termine qualcosa, un desiderio profondo: tutti a loro modo almeno in parte condannati a condividere il destino dantesco degli ignavi.

O forse è possibile frenare il circolo vizioso? È magari possibile arrestare l’alcolismo e la violenza del pugno paterno? Tornare a scrivere? Guardare alle onde senza timore? Restano domande immense, enormi quanto il peso che può o potrebbe giocare la letteratura nel salvare il destino d’un uomo. Interrogativi sconfinati quanto il mare blu in una notte d’inverno nordico, pressanti come una ninnananna origliata dalla camera accanto: grandi, tanto grandi quanto l’universo.

 

Buona lettura e buon ascolto,

Sandra Simonetti